Customer Journey: come renderlo fluido, personalizzato e umano nell’era dell’AI

In un’epoca in cui le interazioni tra brand e clienti si moltiplicano su piattaforme e canali sempre più diversificati, costruire esperienze coerenti, personalizzate e rilevanti non è mai stato così sfidante. Ma anche così necessario.

Abbiamo pubblicato uno speciale proprio per offrire una visione articolata su come le aziende possano affrontare con consapevolezza e intelligenza il nuovo scenario relazionale. Oltre alla trascrizione del dibattito, che abbiamo avuto on line il 20 marzo, trovate anche il confronto con 7 attori del mercato guidato da cinque domande:

  • Come gestire customer journey sempre più frammentati?
  • Come identificare ed eliminare i punti di attrito?
  • Quali dati servono davvero per comprendere e anticipare i comportamenti dei clienti?
  • In che modo l’intelligenza artificiale può supportare la personalizzazione?
  • Qual è il giusto equilibrio tra automazione e interazione umana?

Le risposte delineano un percorso comune: per restare rilevanti, le aziende devono saper orchestrare strategia, tecnologia e sensibilità. Serve una visione unificata del cliente, costruita attraverso una raccolta etica e intelligente dei dati. Serve la capacità di individuare i momenti critici del journey e intervenire con azioni mirate. Serve l’intelligenza artificiale, ma non come surrogato dell’umano: come alleato per potenziare il servizio, anticipare bisogni, ottimizzare le interazioni.

Il cuore dell’esperienza resta la relazione. Un’automazione ben calibrata può migliorare l’efficienza, ma solo l’interazione umana sa creare fiducia, empatia, connessioni autentiche. In questo fascicolo esploriamo come mantenere questo equilibrio virtuoso, con uno sguardo che integra marketing, customer service, AI e cultura organizzativa.

Non esistono soluzioni preconfezionate. Ma esistono approcci lucidi, visioni concrete, sperimentazioni già in atto. Ed è da queste che parte il nostro racconto.

Customer Journey frammentati: servono visione unificata e semplicità

In un contesto in cui i customer journey diventano sempre più frammentati e discontinui tra canali digitali e fisici, le aziende sono chiamate a costruire esperienze coerenti e integrate. Come sottolineato da Silvia Morresi, Managing Director di LINK Mobility Italia, l’omnicanalità impone una mappatura precisa dei touchpoint per garantire continuità e immediatezza.

Secondo Antonio D’Agata, Partner e Director Strategic Accounts di Axiante, la risposta a questa complessità passa per l’utilizzo di piattaforme CDP e strumenti di customer intelligence capaci di aggregare e interpretare i dati provenienti da più canali. Anche per Silvia De Poli, EMEA South Field & Channel Marketer di Zoom, strumenti evoluti come Contact Center e Zoom IQ for Sales consentono di monitorare in tempo reale il comportamento dei clienti, migliorando la qualità delle interazioni. In questo contesto, Paolo Confortini, Ceo di 7Hype, invita a puntare su comunicazioni semplici e ad alto valore, evitando overload informativi che aumentano la percezione di frammentazione.

Eliminare i punti di attrito: tra ascolto e ottimizzazione

I momenti di frizione lungo il journey possono compromettere la conversione o, peggio, la relazione stessa. Come evidenziato da Alessandra Peterlin, Director Sales & Consulting di Spitch, un’analisi continua dei dati comportamentali e transazionali aiuta a identificare difficoltà e semplificare i processi. D’Agata suggerisce l’utilizzo di metriche e A/B test per individuare i colli di bottiglia, mentre Elisa Pellizzaro, Marketing Manager di Impresoft Engage, ricorda che spesso bastano piccoli aggiustamenti (come ridurre i passaggi in un form o snellire il supporto) per migliorare significativamente l’esperienza. Morresi  propone un esempio concreto: nell’e-commerce, evitare l’obbligo di registrazione al checkout può aumentare il tasso di completamento. Confortini sottolinea l’importanza di intervenire solo dove serve, per non irrigidire inutilmente il percorso del cliente.

I dati giusti per anticipare i comportamenti

Non serve raccogliere tutto: serve raccogliere bene. Questo è il messaggio chiave che emerge dalle opinioni dei vari esperti. Secondo Peterlin, sono fondamentali dati comportamentali, feedback e storico delle interazioni, mentre per Confortini la combinazione vincente è fatta da dati zero e first party, raccolti in modo trasparente e volontario. Leonardo D’Itri, Ceo e co-founder di Aryanna, evidenzia l’importanza di una knowledge base strutturata che, tramite tassonomie ben organizzate, consente di anticipare bisogni e guidare l’utente verso ciò che cerca, senza forzature. Anche D’Agata sottolinea il valore dei dati comportamentali anonimizzati, in grado di restituire insight predittivi senza invadere la privacy. Pellizzaro chiude il cerchio con un invito all’etica: la vera sfida non è solo raccogliere, ma interpretare i dati con intelligenza, evitando derive invasive.

Il supporto dell’intelligenza artificiale

L’AI si rivela un alleato potente per migliorare la personalizzazione. Zoom, ad esempio, sfrutta il real-time data analysis per assegnare i clienti agli operatori più adatti o fornire insight alle vendite. D’Agata evidenzia l’uso di recommendation system e AI generativa per rendere le comunicazioni più rilevanti. Per Confortini, l’AI permette esperienze one-to-one su larga scala, anticipando bisogni e ottimizzando i canali utilizzati. Morresi pone l’accento sugli assistenti virtuali capaci di riconoscere il sentiment e rispondere in modo empatico, mentre  D’Itri ricorda quanto sia fondamentale la struttura dei contenuti per rendere efficace l’intervento dell’AI nei diversi momenti della relazione.

Il giusto equilibrio tra automazione e human touch

Automatizzare dove serve, umanizzare dove conta: è questa la sintesi perfetta emersa dai contributi raccolti. De Poli e Peterlin concordano sull’importanza di usare l’automazione per i task semplici, riservando l’interazione umana ai momenti complessi. Pellizzaro sottolinea come non sia una questione di “o l’uno o l’altro”, ma di sapere quando e come integrarli. Morresi propone un modello ibrido che preveda chatbot per gestire informazioni e operatori qualificati per situazioni delicate. Anche D’Agata insiste sulla necessità di un orchestrazione intelligente tra chatbot, AI e persone per massimizzare l’efficienza mantenendo empatia. Il risultato? Un customer journey realmente fluido, dinamico e umano.

Conclusione

Gestire customer journey sempre più complessi richiede un mix di tecnologia e sensibilità. Le esperienze migliori nascono dall’equilibrio tra dati, automazione, contenuti di valore e ascolto umano. È in questo bilanciamento che i brand costruiscono relazioni solide e memorabili con i propri clienti.

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